MISSIONE KEPLER
La missione Kepler, pur essendosi gia' conclusa, e' da prendere in considerazione in quanto ha fornito numerose ed importanti scoperte planetarie, esterne al nostro Sistema Solare, molte delle quali potrebbero essere dei luoghi promettenti per la vita.
Per certificare la presenza di un pianeta extrasolare e calcolarne poi i parametri, e' necessario che il pianeta transiti davanti alla propria stella almeno 4 volte. Fu questo il motivo per cui si attribui' alla missione spaziale Kepler della NASA una durata minima di 3,5 anni. La tecnica che il telescopio Kepler doveva utilizzare per andare a caccia di esopianeti simili alla Terra era la tecnica del transito.
Il nome “Kepler” deriva dall'omonimo telescopio spaziale che la missione ha usato e che e' stato cosi' denominato in onore dell'astronomo tedesco, del XVII secolo, Giovanni Keplero. Il telescopio spaziale, noto anche come “cacciatore di esopianeti”, e' stato lanciato con successo da Cape Canaveral Air Force Station, il 7 marzo 2009, a bordo di un lanciatore Delta II; il progetto puntava al monitoraggio di una porzione della Via Lattea (la Galassia cui appartiene il nostro Sistema Solare).
Il
lancio di Kepler
Rappresentazione
artistica del Telescopio spaziale Kepler.
1.
2.

1. Volume di ricerca di Kepler nella Via Lattea.
2. Il campo di stelle che il telescopio spaziale Kepler ha esaminato mentre cercava gli esopianeti (Credit: NASA/JPL).
Obiettivi della missione:
esplorare la struttura di diversi Sistemi Planetari;
ricercare e confermare pianeti simili alla Terra, orbitanti attorno a stelle diverse dal nostro Sole, con l'obiettivo prioritario di conoscere la percentuale di pianeti rocciosi e di pianeti giganti ghiacciati presenti nella zona abitabile delle rispettive stelle;
determinare le dimensioni delle orbite, della massa, del raggio e della densita' degli esopianeti scoperti;
determinare le proprieta' delle stelle coinvolte nell'obita di un esopianeta.
Dopo la decisione, presa dagli scienziati, di estendere la missione Kepler fino al 2016, si verificarono dei seri imprevisti nel sistema di puntamento del telescopio. Infatti, uno dei quattro giroscopi di cui si componeva il sistema, estremamente preciso, si rivelo' fuori uso nel luglio del 2012, ed in seguito, nel maggio 2013, anche un secodo giroscopio cesso' di funzionare. Nell'agosto seguente, gli scienziati della NASA stabilirono di interrompere gli studi volti al recupero della piena funzionalita' del telescopio, visto che oramai il sistema di stabilizzazione del telescopio risultava compromesso.
CARATTERISTICHE DEL TELESCOPIO SPAZIALE KEPLER
Kepler, all'epoca in cui fu costruito, era il piu' grande telescopio mai mandato in orbita, con le seguenti caratteristiche principali:
diametro dello specchio primario di 1,4 m;
apertura di 0,95 m;
fotocamera composta da una matrice di 42 sensori CCD (Charge-Coupled Device) capaci di realizzare immagini di alta qualita'.
Diagramma
del telescopio con le principali caratteristiche (Credits: NASA
Ames).
Serie di 42 sensori posti al centro del telescopio e progettati
appositamente per rilevare pianeti in transito davanti alle loro
stelle.
ORBITA DI KEPLER
Durante l'orbita eliocentrica del telescopio, la Terra non ha mai coperto la porzione di cielo che il telescopio spaziale Kepler doveva esaminare nel corso della sua missione dedicata a ricercare esopianeti. Questo ha permesso di escludere, nella fase attiva del telescopio spaziale, la presenza delle perturbazioni gravitazionali associate all'orbita terreste, nonche' i disturbi legati alla luce diffusa.
In fase di rotazione del telescopio attorno al Sole, non e' mai stato riscontrato nel suo fotometro l'ingresso della luce solare, che avrebbe potuto compromettere i dati forniti. Il fotometro di Kepler infatti ha puntato verso le costellazioni del Cigno, della Lira e del Dragone, lontane dal piano dell'eclittica (piano su cui giace l'orbita della Terra intorno al Sole).
Il campo visivo del telescopio non e' stato oscurato dalla fascia di Edgeworth-Kuiper e neppure dalla fascia principale degli asteroidi.
La NASA ha utilizzato, per l'orbita di Kepler, l'appellativo di “orbita di trascinamento terrestre”, poiche' il periodo di rivoluzione di 372,5 giorni, essendo piu' lungo di quello terrestre, faceva rimanere il telescopio lentamente indietro rispetto alla Terra.
Rappresentazione
dell'orbita di Kepler. I pannelli solari del telescopio risultavano
ruotati di 90° ogni solstizio ed equinozio (Credits: NASA Ames).
LA MISSIONE K2
Dopo l'inconveniente che aveva interessato il sistema di stabilizzazione del telescopio spaziale Kepler, gli scienziati della NASA non si diedero per vinti e decisero di riprendere ancora una volta la missione. Fu cosi' realizzata la nuova missione K2 (Kepler 2) che sfruttava la pressione della radiazione solare come stabilizzatore del telescopio Kepler; K2 restitui' al telescopio una accettabile precisione nelle osservazioni.
La
missione K2 (Credits:
NASA Ames/W Stenzel).
In sostanza, il telescopio spaziale Kepler, ormai privo di due delle sue ruote di reazione, non era piu' in grado di contrastare la pressione solare, la quale lo costringeva a fare dei movimenti di beccheggio e rollio, facendogli perdere cosi' la precisione di cui aveva bisogno per individuare gli esopianeti. Ma, posizionando i suoi pannelli solari parallelamente al suo percorso orbitale attorno al Sole, i fotoni avrebbero potuto colpirli in modo uniforme, inducendo la sonda a puntare verso un unico punto nello spazio. Una tale posizione poteva essere mantenuta solo per periodi limitati di tempo che comunque garantivano a sufficienza il corretto funzionamento del telescopio.
La nuova missione inizio' a giugno 2014. I target di osservazione dovevano cambiare ogni circa 80 giorni, dando all'osservatorio il tempo di riposizionarsi correttamente. Furono cosi' stabiliti, per il telescopio, i seguenti nuovi targhet:
determinati ammassi stellari ben noti, come quello delle Pleiadi;
il centro della Via Lattea;
la direzione dei pianeti giganti gassosi, Nettuno ed Urano, del nostro Sistema Solare. Questa scelta era motivata dal fatto che Kepler, nella prima fase della missione, aveva scoperto che gli esopianeti appartenenti alla Galassia erano prevalentemente pianeti giganti ghiacciati delle dimensioni di Nettuno.
A marzo 2018, fu dichiarata la scarsita' del propellente (idrazina) che veniva utilizzato nell'alimentazione dei propulsori di Kepler, i quali consentivano alle ruote di reazione il puntamento verso il pianeta da definire. Nonostante cio', si decise di sfruttare la missione sino ad esaurimento del combustibile, poiche' l'orbita di Kepler, non risultando pericolosa per eventuali cadute sulla Terra o su corpi del Sistema Solare, non comportava alcun rischio di contaminazione.
Il 30 ottobre 2018, la NASA, accertato l'esaurimento del carburante necessario al veicolo spaziale per continuare ad effettuare ulteriori operazioni scientifiche, decise di ritirare il telescopio e ne diede la notizia in un comunicato stampa.
Kepler ha lasciato un'eredita' di oltre 2.600 scoperte planetarie al di fuori del nostro Sistema Solare.
Confronto
tra alcuni esopianeti trovati dal telescopio spaziale Kepler nella
zona abitabile delle loro stelle.
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Per saperne di piu' sulle missioni Kepler e K2 e sulle scoperte da loro effettute, visita il sito della NASA |