ARTE INFORMALE
Negli anni '40, in Europa, si sviluppo' una corrente artistica che rifiutava la rappresentazione di qualsiasi “forma” che potesse essere ritenuta realista oppure astratta. A causare una tale tendenza fu lo stato di malessere, di inquietudine e di insoddisfazione che sorse negli artisti dell'epoca a seguito dello scoppio del secondo conflitto mondiale. Negli anni '50, il critico francese Michel Tapiè propose, per questa corrente artistica, il nome di “arte informale”, proprio per sottolineare la propensione degli artisti verso un nuovo modo di creare immagini senza la necessita' di ricorrere a forme riconoscibili. In quel periodo, si ebbe un'evoluzione in campo artistico anche negli Stati Uniti d'America ed il movimento che si sviluppo' prese il nome di Espressionismo Astratto.
La corrente artistica europea, proprio per l'impronta drammatica che la contraddistinse, si differenzio' notevolmente dal “gigantismo americano”. In particolare, lo sviluppo dell' “Arte informale” segui' due indirizzi:
l'indirizzo che valorizzava il “gesto/l'azione” e che si avvicinava molto al movimento artistico americano;
l'indirizzo “materico”, volto a valorizzare i materiali di scarto ed i rifiuti, spesso affiancati ad un utilizzo del colore ad olio che, nelle opere d'arte, veniva applicato in modo denso e pastoso.
Uno dei maggiori esponenti del “Movimento Informale Materico” fu l'italiano Alberto Burri. Le sue opere, spesso realizzate con materiali poveri, come ad esempio legni bruciati, vecchi sacchi di juta, lamiere e plastica, possono essere ordinate in cicli, a seconda del tipo di materiale utilizzato. A questo proposito e' possibile distinguere le seguenti serie:
serie dei Neri (1948) - si tratta di opere ottenute sia con colori ad olio che con l'utilizzo di smalti sintetici, catrame e pietra pomice;
serie dei Gobbi (1949-1950) - questa serie e' denominata cosi' perche' la superficie del dipinto risultava deformata da rigonfie protuberanze, dovute all'inserimento di rami nodosi sul retro del telaio;
serie delle Muffe (1949-1950) - le opere di questa serie venivano realizzate utilizzando la tecnica del “dripping”;
serie dei Sacchi - le prime composizioni appartenenti a questa serie risalgono al 1950. Le opere furono interpretate dalla critica come l'emblema di un'Italia povera e lacerata, coinvolta in una dolorosa disfatta e assetata di nuovi valori;
serie delle Combustioni (1957);
serie dei Ferri (1958);
serie dei Legni (1959).
Se si fa riferimento ai materiali artificiali che l'artista era solito manipolare, si puo' fare la seguente distinzione:
serie delle Plastiche (degli anni Sessanta);
serie dei Cretti (tipiche degli anni Settanta) - le opere di questa serie consistevano nella realizzazione di vaste superfici screpolate;
serie dei Cellotex - il cellotex era un materiale povero, di uso industriale; un esempio e' dato dalla colla pressata insieme a particelle di segatura. Nella realizzazione delle opere appartenenti a questa serie Burri abbandona l'utilizzo della plastica bruciata, dei cretti e delle tele di sacco e rivolge il suo interesse verso le forme regolari dei Cellotex, per andare alla ricerca ed alla rappresentazione della bellezza, indagando la “materia”. In questa fase la materia non e' piu' considerata da Burri come espressione di un dramma esistenziale e di lotta.
Alberto
Burri,
Sacco
e oro, 1953, Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Città di
Castello.
Image source: https://www.settemuse.it
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